16 – Il petrolio… l’oro nero… puzzolente e preziosissimo

16 – Il petrolio… l’oro nero… puzzolente e preziosissimo

Prof. Antonio Dal Prà geologo – maggio 2021 in tempi di pandemia

Io lo chiamo il sangue sporco della terra. Un liquido puzzolente, nerastro, viscoso, che l’uomo succhia dalle viscere della crosta terrestre, mentre la terra cerca di liberarsene spingendolo verso la superficie. Molto brutto a vedersi. Che sporca ogni cosa con cui viene a contatto.

Eppure, cari ragazzi, nell’ultimo secolo in moltissimi paesi ha cambiato la vita dell’uomo, soprattutto dopo la seconda guerra mondiale. Un benessere strepitoso. Un enorme sviluppo delle industrie e della produzione di energia elettrica, milioni e milioni di auto, motori dappertutto. Dal petrolio per distillazione nelle raffinerie, oltre ai carburanti (benzine, gasolio, kerosene, in quantità incommensurabili), si estrae una miriade di altri prodotti: lubrificanti, detergenti, solventi, concimi chimici e tutte le plastiche con cui ormai si confeziona qualsiasi cosa. Oggi l’economia di molti paesi dipende quasi esclusivamente dalle forniture di petrolio importato; per altri pure numerosi l’economia dipende in modo vitale dalla produzione di petrolio nel loro territorio, non avendo altre reali alternative. Per il petrolio ci sono state guerre, crisi economiche, omicidi e attentati.

Ragazzi, col petrolio non c’è proprio niente da scherzare. Si può destabilizzare tutto. Peggio di una atomica. Qualcuno si ricorda il nostro Enrico Mattei, fondatore dell’ENI (Ente Nazionale idrocarburi) e la lotta spietata con le Sette Sorelle, le grandi compagnie petrolifere mondiali, che pare lo abbiano fatto fuori mettendo un cacciavite nel motore del suo aereo? 

L’impatto ambientale della produzione e del trasporto del petrolio è notoriamente molto grave, per gli sversamenti che di frequente avvengono, in mare e nella terra ferma, per incidenti, incuria, attentati. Gli inquinamenti ambientali da idrocarburi sono all’ordine del giorno. Ne parlano giornali e TV. Eppure è impensabile farne a meno. Un blocco della produzione e delle forniture provocherebbe ripercussioni economiche e sociali gravissime, micidiali; e sicuramente guerre per il possesso dei giacimenti.

Attorno al petrolio le grandi potenze gestiscono un equilibrio delicatissimo, politico, economico e sociale, da brividi. Cina, Russia e America hanno enormi giacimenti nei loro territori, eppure allungano le loro mani più o meno pacifiche e artigliate anche su altri paesi produttori.

Pensate che l’America, pur disponendo di grandissime riserve nel suo sottosuolo, importa grandi quantità di petrolio, mantenendo con cura i propri giacimenti, perché….non si sa mai!!

E l’Italia cosa combina? L’Italia ha i suoi bravi giacimenti, di petrolio e gas, soprattutto in Sicilia, a Gela e ad Agrigento. Ma anche in Basilicata e in Calabria. Giacimenti sono stati individuati anche in Lombardia, Veneto, Piemonte e Sardegna. In terra ferma e in mare. Dalla fine della seconda guerra ad oggi abbiamo perforato un migliaio di pozzi, profondi tra 1000 e 5000 m. La maggior parte produce metano, ma oltre 200 forniscono petrolio, circa 80.000 barili al giorno. Tuttavia la produzione italiana, ahimè, copre solo il 7% del fabbisogno nazionale. Il 93% viene importato e ben pagato. L’Italia si colloca, come produttore, al 4° posto in Europa e al 49° posto tra i paesi del mondo. Purtroppo, cari miei, l’Italia è petrolio dipendente e ci affanniamo a comperarlo qua e là, sperando che non ci chiudano i rubinetti. Una miriade di fornitori, che cambiano spesso, col le condizioni di mercato e con le situazioni politiche: il primo è l’Iraq, segue Azerbaigian, poi la Russia, la Libia, l’Arabia, il Kazakhistan, la Nigeria, l’Angola, l’Egitto. 

Si sono scritti centinaia di libri sugli idrocarburi. Nelle Università si insegna la Geologia degli Idrocarburi perché la ricerca dei giacimenti si basa soprattutto su indagini geologiche. La materia è vastissima e coinvolge anche altre numerose discipline. Io provo a raccontarvi qualcosa, ma vi assicuro con molti dubbi e difficoltà.

Un tempo lontano il petrolio sgorgava spontaneamente dal suolo, sotto forma di un liquido molto viscoso e denso, in numerosi paesi del mondo. Oggi invece lo si va a prelevare a profondità impensabili. La corsa furente allo sfruttamento è arrivata a pompare greggio con pozzi profondi oltre 8.000 m: nel 2019 in Cina un pozzo ha raggiunto gli 8882 m, un monte Everest rovesciato. Impensabile fino a qualche anno fa. Mi sembrano tutti matti. Pensate che la produzione mondiale di petrolio raggiunge i 100 milioni di barili al giorno. Vi ricordo che un barile misura 160 litri e il petrolio contenuto pesa 140 kg.

E le tecniche di estrazione sono in continua evoluzione. Nuovi metodi sono stati escogitati per mungere dal sottosuolo tutte le parti residue che il normale pompaggio non riesce ad estrarre. Pensate che in America si frantumano rocce bituminose per estrarre gli idrocarburi.

Il petrolio è ben noto fin dall’antichità, segnalato in varie parti come emergenza spontanea dal suolo, e da secoli accompagna la storia dell’uomo. Chissà come l’uomo ha scoperto che quel liquido, denso e puzzolente che lordava il terreno, poteva bruciare. Forse un fulmine ha acceso per primo il fuoco… Nei tempi passati era usato come medicinale per la pelle e soprattutto per alimentare lampade e lanterne. Ma i buoni e pacifici uomini lo usavano anche come arma infuocata da lanciare sul nemico.

Anche Omero, nell’Iliade lo cita come palle ardenti fiondate contro le navi greche: l’uomo ha scoperto subito l’uso offensivo del petrolio. Marco Polo, nel suo lungo viaggio, al confine tra Armenia e Georgia descrive “una fontana che dà tanto olio…” da caricare 100 navi. Ma, dice, non è buono da mangiare, ma da ardere, da cura per al “rogna” della pelle e per le lampade. In Birmania, fin dal 1700 il petrolio, che sgorgava dal suolo, veniva sfruttato e commerciato. 

Il suo nome, olio di pietra, risale al 1556, indicato da un mineralogista tedesco, un certo George Bauer.

L’industria petrolifera vera e propria ebbe il suo inizio attorno al 1850 in America: il famoso Edwin Drake nel 1859 aprì il primo pozzo petrolifero redditizio al mondo.

Pensate che nel 1950 il carbone era ancora il combustibile più usato. Ma dall’inizio del 2000 il 90% del fabbisogno mondiale di combustibile è coperto dal petrolio. L’uomo sta tentando affannosamente di trovare altre fonti di energia, ma difficilmente gli idrocarburi potranno essere soppiantati per gli enormi interessi che circolano e per il basso costo della produzione. Il valore del petrolio come fonte di energia trasportabile e facilmente utilizzabile, usato dalla maggioranza dei veicoli (auto, treni, camion, navi, aerei), per produrre energia nelle centrali termoelettriche, e come base di molti prodotti chimici industriali, lo rende la materia prima più importante del mondo. Vi ho già detto che l’accesso al petrolio è stato uno dei fattori scatenanti di molti conflitti armati (guerra del Golfo, blocco del Canale di Suez). E tutti sono col braccio armato a difesa delle proprie posizioni.

Tra l’altro sono convinto che il petrolio sia una fonte di energia non esauribile in tempi brevi. Le riserve degli attuali giacimenti sono imponenti, molti nuovi giacimenti sono stati individuati e non ancora messi in produzione, e moltissimi altri sono da scoprire in regioni o a profondità non ancora esplorate. Per ora la maggior parte delle riserve pare siano nel Medio Oriente. Ma sappiate che i vari stati mantengono molta riservatezza sulle loro disponibilità, per tante e ovvie ragioni.

Come vi ho detto, nel 2020 la produzione mondiale di petrolio pare sia stata attorno ai 100 milioni di barili al giorno. Il maggior produttore è l’America con circa 20 milioni, seguono Arabia Saudita e Russia con 11-12, poi Canada, Cina, Iraq, Emirati Arabi, Brasile, Iran e Kuwait con 3-5. L’Italia produce circa 80.000 barili al giorno.

Le riserve mondiali sono enormi. Vi mostro qualche dato in miliardi di barili (stime del 2020): Venezuela 302, Arabia Saudita 266, Canada 171, Iran 157, Iraq 148, Kuwait 101, Emirati Arabi 100, Russia 90, Libia 50, Nigeria 40, USA 30. Pare che le riserve mondiali si possano stimare incirca 1.700 miliardi di barili. Le riserve italiane sono di circa 500 milioni di barili. Il 60% delle riserve mondiali si trovano oggi in Medio Oriente.

Attenzione però che i consumi sono altrettanto enormi; come detto sopra, attorno ai 100 milioni di barili al giorno. Qualche dato in milioni di barili al giorno (2020): America 19, Cina 9.5, Giappone 4.5, India 3, Arabia Saudita 2.5, Germania 2.5, Canada 2.2, Russia 2.2, Sud Corea 2.2, Messico 2, Brasile 2, Francia 1.8, Gran Bretagna 1.6, Iran 1.8, Italia 1.5, Spagna 1.4

State anche attenti che tutti i numeri sulle produzioni, sui consumi, sulle riserve sono ballerini, variano molto di anno in anno, per motivi molto diversi: crisi economiche, controversie tra i paesi produttori, guerre, attentati, segretezza e riservatezza nei dati.

Ma da dove viene tutta questa enorme quantità di preziosissimo e maleodorante liquido, spesso accompagnato da gas??

Come vi dicevo, un tempo sgorgava spontaneamente dal suolo. Ci sono molti riscontri storici. Sebbene gli idrocarburi siano noti all’uomo da millenni, il loro uso industriale e la ricerca finalizzata al loro ritrovamento contano poco più di cento anni. A partire dalla metà dell’ 800 cominciò una forsennata ricerca nel sottosuolo, quando ci si rese conto dell’importanza del petrolio come fonte di energia e fu dimostrata la possibilità di ottenere dal petrolio gas illuminante, paraffina, cherosene e lubrificanti. E si cominciò a perforare, a costruire pozzi, oleodotti, petroliere e raffinerie. A profondità sempre maggiori e in luoghi dimenticati. Nelle foreste, nei deserti, nel mare. L’uso del petrolio e dei suoi derivati fu inizialmente quasi del tutto limitato alla illuminazione. Nel 1860 il consumo di greggio su scala mondiale era di sole 100.000 ton. Alla fine del secolo aveva già raggiunto i 20 milioni di ton. E nel 1920 il consumo era ormai assai prossimo ai 100 milioni. Ma è solo dopo la seconda guerra mondiale che assistiamo all’espansione più impressionante nella produzione e nei consumi di greggio. 

Ma non è che si perfori a caso, selvaggiamente, qua e là. Per trovare il petrolio si cercano le trappole, perché si è scoperto da molto tempo che il petrolio si trova in profondità nelle trappole geologiche, generalmente nelle rocce sedimentarie antiche. Si tratta di strutture rocciose a campana, a cupola, formate dal ripiegamento di pacchetti di rocce, che hanno al tetto strati impermeabili, come marne o argille o altro, che formano il cappuccio della trappola, e sotto una roccia permeabile, la roccia serbatoio, nei cui pori e fratture si annida il petrolio. Il petrolio, quasi sempre accompagnato da gas alla sommità della trappola, resta contenuto entro la roccia serbatoio, coperto da un tetto impermeabile che gli impedisce di scappare e salire in superficie, in attesa che una trivella posta anche a migliaia di metri sopra lo raggiunga con un pozzo. 

I geologi che si occupano di ricerche petrolifere, per l’individuazione di strutture sepolte a forma di trappola, usano normalmente il rilevamento geologico di superficie e soprattutto le indagini sismiche: uno scoppio provocato in superficie trasmette in profondità onde sismiche, la cui riflessione verso l’alto viene intercettata da sistemi di geofoni. I dati forniti consentono la ricostruzione geologica strutturale del sottosuolo. Individuata una trappola, occorre verificare se contiene greggio, perché potrebbe essere colma di solo gas, o completamente secca o solo annacquata. E allora si perfora un pozzo esplorativo che raggiunge la trappola e ne verifica le condizioni. Quando ancora insegnavo al Corso di Laurea in Geologia, portavo i miei studenti a Milano, all’Agip, dove ci veniva illustrata tutta la procedura della ricerca di giacimenti, che procedeva dapprima con le prospezioni sismiche e, individuata una trappola, con l’esecuzione del pozzo esplorativo, che il più delle volte dava risultati negativi. Ma i colleghi geologi mi spiegavano che un solo pozzo produttivo ripagava molto abbondantemente decine e decine di pozzi andati a vuoto.

Attenti, il grezzo non si è formato nella trappola, ma vi è giunto da lontano in un tempo lunghissimo. E come ha fatto il grezzo ad essere catturato e trattenuto entro la trappola? Da dove è arrivato? Come si è formato entro le viscere della terra? La storia è lunga, lunghissima, milioni di anni. Madre natura, nella costruzione della storia della terra, ha sempre fatto le cose in grande, e per noi complicate e strane. Sentite un po’la storia del petrolio….naturalmente con parole povere e molto, ma molto in breve, scusandomi con gli esperti che mi segneranno con la solita penna rossa.

Dunque, gli idrocarburi in generale, e in particolare il petrolio, sono formati chimicamente da due elementi: il carbonio, C, e l’idrogeno, H. Per esempio, la formula del metano è CH4. In piccole quantità sono presenti anche azoto, ossigeno, zolfo. Sono composti chimici allo stato solido (asfalto, bitumi, ecc.), liquido (petrolio grezzo) e gassoso (metano, etano, propano, ecc.). Il C può variare entro 80-88%, l’H tra 10-15%, altri elementi 0-5%. 

Sulla loro origine gli studiosi (geologi, chimici, fisici, biologi), come al solito, si sono accapigliati e azzuffati a lungo. Ma è ormai riconosciuto che gli idrocarburi si formano per degradazione della materia organica contenuta nei sedimenti marini, proveniente da vegetali (di apporto terrigeno) e animali (soprattutto microorganismi marini) depositatisi a mare lungo le coste (naftogenesi). La trasformazione della materia organica vegetale e animale frammista ai sedimenti inorganici (limi, sabbie, argille), che costituiranno la roccia madre consolidando, avviene ad opera di batteri affamati, la cui azione tende a rompere le macromolecole organiche. Poi entra in gioco l’azione termica, di alta temperatura (100-150°) e il tempo. Il processo può durare milioni di anni.

Come ho tentato di spiegare, il petrolio non si trova mai nella roccia madre, è migrato attraverso la porosità dei sedimenti e ha cominciato a girovagare verso l’alto, spremuto goccia a goccia dalla compattazione progressiva dei sedimenti, favorito dall’alta temperatura dell’ambiente che ne abbassa la viscosità e ne aumenta la mobilità e dal fatto che gli idrocarburi sono più leggeri e meno densi dell’acqua. La bassa densità del greggio lo spinge verso l’alto. Pensate a delle bollicine che salgono pian piano come le bolle di un vino spumante.

Nella sua lunga e lenta salita verso l’alto gli idrocarburi possono raggiungere la superficie, affiorare a giorno e andarsene, oppure essere intercettati, durante il loro cammino, da una trappola geologica. Vengono allora catturati e lì si accumulano continuamente per milioni di anni fino a formare un giacimento.

Le dimensioni dei giacimenti possono essere enormi. In Siberia Occidentale un giacimento di gas ha riserve per 600 miliardi di m3. Grandissimi serbatoi sono presenti nel sottosuolo di moltissimi paesi, in tutte le parti del mondo, soprattutto nei Paesi Arabi (Arabia, Kuwait, Iran, Emirati), ma anche in Cina, in Russia, in America, Venezuela, Messico, Canada, Mozambico, Tanzania, Kenya. E le loro dimensioni sono spesso dell’ordine di qualche decina di miliardi di barili: in Arabia Saudita il giacimento di Ghawar è stato stimato di 100 miliardi di barili.

Le trappole. Ce ne sono di ogni tipo. Madre Natura, capricciosa e bizzarra come al solito, ha creato nel sottosuolo una infinità di strutture adatte ad acchiappare gli idrocarburi che lentamente migrano e risalgono verso la superficie. Trappole di ogni forma, con pieghe e faglie e altro, nelle rocce sedimentarie soprattutto. Tant’è che i giacimenti, piccoli o grandi, ce li troviamo un po’dappertutto. Ma il problema è che sono maldistribuiti. Alcuni paesi ne sono stracolmi, come nella penisola arabica, altri invece ne sono molto scarsi, e spesso questi ultimi consumano moltissimo petrolio.

Dal prelievo ai pozzi, dopo un primo trattamento locale, il petrolio viene condotto, con oleodotti e petroliere alle raffinerie, dove una serie di operazioni di raffinazione e distillazione frazionata portano ad ottenere tutti i prodotti derivati.

Io sono convinto, ma posso naturalmente sbagliare o non essere creduto, che gli idrocarburi rimarranno ancora per lunghissimo tempo la fonte principale di energia a livello mondiale. Le ricerche verso fonti alternative sono molto lontane e tra l’altro non ben viste e poco favorite a causa degli enormi interessi che ruotano attorno agli idrocarburi. E comunque è difficile pensare a fonti che riescano a rispondere alla enorme quantità di energia ora fornita dal petrolio e dal gas. Infine le riserve mondiali di idrocarburi sono di dimensioni grandiose, l’estrazione costa relativamente poco, molti giacimenti noti non sono ancora sotto sfruttamento e molti territori e mari costieri non sono ancora stati esplorati. E dovremo purtroppo convivere con i disastri ambientali che l’industria petrolifera continuerà a regalarci, industria che d’altra parte ci consente di vivere comodamente e in uno stato di discreto benessere.

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Pubblicato in Geoillazioni.

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